Con una Circolare di chiarimento del 12 aprile scorso, Il Ministero della Transizione Ecologica, in condivisione con gli uffici del Ministero delle Finanze, ha risolto alcuni problemi connessi alle nuove disposizioni e alla loro applicazione sulla TARI, di cui all’articolo 1 commi 639 e 668 della legge 27 dicembre 2013 n. 147.
Finalmente, spiega l’Avv. Carlo Claps, Presidente Aidacon Consumatori, l’intervento del Ministero, confermando la nostra tesi, ha chiarito in modo netto la differenza tra rifiuti urbani e rifiuti derivanti dalla produzione, mettendo la parola fine alle dubbie interpretazioni che ne facevano i comuni, con gravi danni economici a carico delle aziende.
Infatti, spiega ancora Claps, con il decreto legislativo 3 settembre 2020 n. 116, che ha modificato il Codice Ambientale, recependo alcune direttive europee in materia di rifiuti, è stata eliminata la categoria dei cosiddetti “rifiuti assimilati agli urbani“, sostituendola con la categoria dei “rifiuti urbani”, definiti come i rifiuti provenienti da altre fonti simili per natura e composizione ai rifiuti domestici.
Pertanto, precisa ancora Claps, i comuni non avranno più la possibilità di regolamentare l’assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, e ci sarà una omogenea classificazione dei rifiuti, non più soggetta interpretazioni regolatorie, da parte dei Comuni, sul criterio di assimilabilità, a cui è connessa l’applicazione della Tassa Rifiuti.
Inoltre, un’altra grande novità apportata dal decreto legislativo n. 116 del 2020 è data dalla possibilità, per le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani di scegliere di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato per un periodo non inferiore a cinque anni. Se l’utente sceglie il mercato privato, quindi conferisce al di fuori del servizio pubblico, deve dimostrare di aver avviato al recupero, mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi e, in tal modo sarà esclusa dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti
In quest’ultimo caso, è molto molto importante, precisa ancora Claps, che la scelta venga comunicata al comune, o al gestore del servizio rifiuti in caso di tariffa corrispettiva, entro il 31 maggio di ciascun anno.
La Circolare, chiarisce, inoltre, definitivamente, che le superfici dove avvengono le lavorazioni industriali sono escluse dall’applicazione dei prelievi sui rifiuti, compresi i magazzini di materie prime, di merci e di prodotti finiti, sia con riferimento alla quota fissa che alla quota variabile.
Tutto ciò è fondamentale per le utenze non domestiche, quindi per le industrie e pere tutte le attività commerciali sempre tartassate dai comuni, che pur di recuperare soldi per le loro casse sempre vuote, interpretavano le norme a danno dei contribuenti.
In ogni caso, la nostra associazione ha composto un team di legali pronti a fornire qualsiasi chiarimento alle aziende interessate che, a tal uopo, potranno contattare: Aidacon Consumatori – www.aidacon.it – inviando una mail a: [email protected]