Vittoria Aidacon Consumatori –contratti di finanziamento – condannata la società di recupero crediti

Quante volte ci è capitato di ricorrere ad un finanziamento per realizzare un progetto aziendale,   per ristrutturare casa, per acquistare un auto o un  elettrodomestico?

 Nella maggior parte dei casi, si riesce ad onorare il contratto, restituendo i sodi a rate.

 Tuttavia, in alcuni casi,  può succede  di non riuscire a restituire l’intera somma, per sopravvenute difficoltà finanziarie o, in alcune circostanze, si decide di non pagare, in quanto si contesta la regolarità del contratto di finanziamento, in attesa di risolvere la questione.

 In questi casi,  il creditore prova a recuperare le somme, intimando anche formalmente il debitore ma, trascorso un determinato periodo senza riuscire nell’intento, cede il proprio credito  a società specializzate nel recupero crediti.

A questo punto, può capitare di vedersi notificare, anche dopo molti anni, una messa in mora con richiesta di pagamento o, addirittura, un decreto ingiuntivo, da parte di queste società di recupero crediti, denominate cessionarie (che hanno acquistato il credito dal precedente creditore – cedente).

Da questo momento in poi  può iniziare un vero e proprio incubo per il consumatore, il quale, dopo tanti anni si ritrova a doversi difendere contro un nuovo presunto creditore,  il quale vanta,  improvvisamente, somme di denaro, tra l’altro incredibilmente triplicate rispetto all’originario debito.

Quando siamo “attaccati” dalle società di recupero crediti bisogna stare moto attenti, precisa l’Avv. Carlo Claps, Presidente Aidacon Consumatori www.aidacon.it , è necessario esaminare attentamente gli atti che ci vengono notificati e, in caso di dubbi, rivolgersi ad un esperto per farsi tutelare correttamente.

Ebbene, i Sig.ri F.G e F.D, si sono rivolti alla nostra Associazione, precisa ancora l’Avv. Claps e hanno ottenuto giustizia. In particolare i due consumatori, difesi dal legale  Aidacon, l’Avv. L. Del Giudice, hanno ottenuto   una importante provvedimento emesso dal Tribunale di Napoli Nord, Ordinanza n. 1980/2024 del 09.04.2024,   che ha accolto l’opposizione a decreto ingiuntivo  di € 34.611,00,  notificato da una società di recupero crediti, per un presunto contratto di finanziamento, sottoscritto  diversi  anni prima e ha condannato la società opposta al pagamento di € 7.000,00 di spese legali!!!!!

In particolare, precisa ancora Claps, il Tribunale adito, ha accolto l’eccezione di carenza di legittimazione attiva della società di recupero crediti, in quanto la stessa, nel corso del processo, non ha dimostrato di essere titolare del credito, non avendo fornito idonea prova relativa al contratto  in base al quale ha acquistato la titolarità del diritto di credito.

La sentenza è importantissima, spiega ancora il Presidente Aidacon Consumatori, in quanto, nella maggior parte dei casi, le società di recupero, dichiarano di aver acquistato i crediti in blocco, dal precedente creditore ma poi, nella maggior parte dei casi, quando avviano le azioni per il recupero del presunto credito nei confronti del debitore ceduto, emerge che non hanno un titolo idoneo a provare la titolarità del credito.   

In particolare il Giudice adito ha precisato: “Tribunale, condividendo l’orientamento della Corte di legittimità, evidenzia che il cessionario ha l’onere di dedurre e di dimostrare il contratto in base al quale ha acquistato la titolarità del diritto di credito (cfr. Cass. civ. Sez. III, Sent., (ud. 19-04-2018) 13-09-2018, n. 22268; cfr. recente Cass. civ., Sez. VI – 1, Ord., 05-11-2020, n. 24798 secondo cui: “questa Corte ha già avuto modo di precisare che la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare della parte creditrice originaria, in virtù di un’operazione di cessione in blocco D.Lgs. n. 385 del 1998 ex art. 58, ha l’onere di dimostrare l’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione in blocco, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, a meno che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta (v. Cass. n. 4116-16); ciò è stato detto con riferimento alla proposizione del ricorso per cassazione in luogo della parte originaria e a maggior ragione vale ove sia in contestazione, fin dall’inizio del giudizio, la legittimazione sostanziale della parte che abbia azionato il credito”).

Questo giudicante ritiene che l’onere di provare il contratto di cessione, quale fatto costitutivo del diritto di credito, sussista anche in assenza di specifica contestazione del debitore ceduto.

A tal proposito il Tribunale adito ha anche precisato che: “È irrilevante la produzione in giudizio dell’avviso di cessione in Gazzetta ufficiale.

Il Tribunale osserva infatti che:-l’art. 58 TUB detta il regime pubblicitario per l’opponibilità dell’atto di cessione e non per la prova della stipula dell’atto di cessione e, quindi, della titolarità del credito ceduto;

-la sola pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è irrilevante atteso che l’art. 58 TUB prescrive, ai fini dell’opponibilità dell’atto di cessione, la pubblicità nel registro delle imprese. Ritenere sufficiente ai fini dell’opponibilità dell’atto di cessione del credito la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale comporta sul piano ermeneutico l’abrogazione dell’art. 58 co. 2 T.U.B. e l’onere per il mutuatario di procedere alla costante verifica, tramite consultazione della G.U., delle eventuali operazioni di cessione del proprio credito;

-l’avviso in Gazzetta costituirebbe un mero indizio relativo alla prova dell’esistenza del contratto di cessione con conseguente violazione degli artt. 2721, 2729 c.c. Invero, l’art. 2729 co. 2 c.c. dispone che le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni. L’art. 2721 co. 1 c.c. esclude la prova per termini del contratto quando il valore dell’oggetto eccede euro 2,58.  L’art. 2721 co. 2 c.c. dispone che l’autorità giudiziaria può consentire la prova oltre il limite anzidetto considerando la qualità delle parti, la natura del contratto e ogni altra circostanza. Nel nostro caso, il Tribunale ritiene di escludere la prova presuntiva atteso che–in base alla natura professionale dell’intermediario creditizio questi ha il dovere di acquisire e conservare il contratto, quindi, rientra nei limiti dell’ordinaria diligenza la conservazione e la produzione in giudizio del contratto di cessione;

-l’avviso in G.U. non contiene necessariamente l’indicazione precisa dei criteri di individuazione dei crediti oggetto del contratto di cessione;-non può ritenersi che l’avviso in G.U. costituisca un principio di prova per iscritto ai sensi dell’art. 2724 c.c. tale da consentire l’ammissibilità della prova testimoniale e, quindi, della prova presuntiva atteso che il principio di prova scritta deve essere, secondo la disposizione in esame, un qualsiasi scritto proveniente dalla persona contro la quale è diretta la domanda. Nel nostro caso, l’avviso in G.U. proviene dall’intermediario che fa valere la domanda fondata sul contratto di cessione.

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